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Martedì, 30 Aprile 2024
Gallipoli

Omicidio Padovano, parla il killer: "Il piano, sterminare tutta la famiglia"

Carmelo Mendolia, ingaggiato dal boss Pompeo Rosario Padovano per uccidere il fratello, Nino "Bomba", ascoltato nell'aula-bunker, ricorda agghiacchianti dettagli. "Dovevo uccidere anche compagna e figlio, ma non me la sono sentita"

 

LECCE - "Il piano era di sterminare tutta la famiglia di Salvatore Padovano, compresa la compagna e il figlio, ma io non me la sono sentita". Le parole del siciliano Carmelo Mendolia, cariche di morte e di lucida e spietata crudeltà, risuonano nell'aula bunker di Lecce, dove si sta celebrando, dinanzi ai giudici della Corte d'Assise, il processo per l'omicidio del boss della Sacra corona unita Salvatore Padovano, avvenuto il 6 settembre del 2008 a Gallipoli, nei pressi della pescheria "Il Paradiso del Mare". Nascosto dietro un paravento celeste di tipo medico, Mendolia, collaboratore di giustizia e già autoaccusatosi dell'omicidio (ha scelto il giudizio abbreviato ed è stato condannato a 14 anni di reclusione), ha ricostruito tutte le fasi dell'esecuzione. Un delitto di mafia scaturito dai contrasti sorti tra i Padovano all'indomani della loro scarcerazione. In quest'ottica, secondo la ricostruzione accusatoria, sarebbe scaturita la volontà del fratello Pompeo Rosario Padovano, in qualità di mandante, di far uccidere Salvatore, alias "Nino bomba". "Rosario - ha detto Mendolia - mi contattò e mi disse di voler uccidere il fratelloper odio personale e motivi personali. Lui, infatti, dopo essere uscito dal carcere pretendeva di comandare e dava fastidio a tutti. Aveva anche scritto uno strano libro".

I rapporti tra Rosario Padovano e il killer risalivano al lontano 1990. Le indagini sulla morte di "Nino Bomba", infatti, hanno permesso di far luce anche sull'omicidio di Carmine Greco, risalente al lontano 13 agosto 1990. Un delitto avvenuto nell'ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti. Greco avrebbe "spacciato ingenti quantitativi di droga sul territorio di Gallipoli da "cane sciolto", senza rendere conto della sua attività all'organizzazione". Anche in questo caso Rosario Padovano sarebbe il mandante, Mendolia l'esecutore materiale.
Salvatore Padovano-2"Mi promise 10mila euro e un mezzo per allontarmi, una Bmw", ha proseguito Mendolia. "Inoltre di aiutarmi e mettere su una mia attività in Lombardia, dove Rosario mi avrebbe presentato delle persone nell'hinterland milanese". "Sono arrivato nel Salento agli inizi di settembre, per controllare gli spostamenti e studiare il territorio. Poi accompagnai la mia compagna ad Adelfia, in provincia di Bari, a casa dei suoi genitori. Mi dissero Che Salvatore andava spesso al "Paradiso del mare". "Mi procurarono anche le armi, prima dei fucili di caccia, e io dissi che non andavano bene per l'omicidio perché erano ingombranti e non erano automatici. Poi un Kalshnikov in cattive condizioni e senza munizioni. Infine due pistole, una Beretta calibro 9 e una pistola giocattolo modificata, e scelsi queste".

Il collaboratore di giustizia ha poi ricostruito le drammatiche fasi di quella mattinata. "Dopo averlo agganciato nei pressi di un bar, con uno scooter, l'ho seguito fino alla pescheria". "Lui - ha raccontato Mendolia - è rimasto a lungo nella pescheria, così ho chiesto a Giorgio Pianoforte (il proprietario della pescheria e cugino dei Padovano, Ndr), fingendo di non conoscerlo, di farlo uscire con la scusa di spostare l'auto. Appena è uscito gli ho sparato tre colpi, lui ha cercato si rifugiarsi all'interno del "Paradiso del mare", ma io l'ho raggiunto e gli ho sparato il colpo di grazia. Poi sono fuggito con lo scooter".

Un altro passaggio fondamentale della lunga deposizione del “pentito” è stato il racconto di un altro piano, poi svanito, ideato da Rosario Padovano: “Mi disse che dovevo uccidere un noto politico gallipolino, attivo nel settore petrolifero e quello della pesca. Avrei dovuto inscenare una finta rapina finita nel sangue nei pressi della sua villa in località Rivabella. Poi, però, non diede seguito alla cosa”. L’unico momento di commozione di Mendolia è stato quando ha spiegato la sua scelta di collaborare: “Avevo paura che potesse succedere qualcosa ala mia compagna, per come le cose si stavano mettendo”. Il processo vede come imputati, oltre a Rosario Pompeo Padovano, fratello di Salvatore; Giuseppe Barba; Cosimo Cavalera; Fabio Della Ducata; Massimiliano Scialpi e Giorgio Pianoforte.

Gli affari del clan Padovano gestiti da “irriducibili”

Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Elsa Valeria Mignone, hanno ricostruito scenari e moventi in cui l'omicidio avrebbe avuto origine.  Della Ducata gli avrebbe fornito ospitalità a Gallipoli, presso la propria abitazione, e gli avrebbe consegnato, pochi giorni dopo l'omicidio (a Casamassima, in provincia di Bari), una parte dei 10mila euro di compenso pattuito, pari a 6.770 euro. Pianoforte, cugino dei Padovano, avrebbe chiamato Salvatore fuori dalla pescheria di famiglia "dicendogli che una persona gli aveva tamponato la macchina". In realtà, ad attenderlo vi era Mendolia che l'avrebbe freddato con quattro colpi sparati con una pistola "Beretta modello 83 F". Diversa la versione fornita da Rosario Padovano, reo confesso dell'omicidio, per cui si sarebbe trattato soltanto di "una vicenda familiare", in cui lui è stato il mandante e Mendolia l'esecutore materiale.

 

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