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Piano del Parco, rifiorisce lo scontro. Vincenti: “Sel sbaglia previsioni”

Il presidente dell'Autorità di gestione dell'area naturale di Punta Pizzo di nuovo in campo per rettificare le osservazioni di Sel sul piano territoriale. "Nessuna nuova edificazione nell'area protetta". Rilievi anche sui parcheggi

GALLIPOLI  - Osservazioni, contrapposizioni e scambi di vedute sul Piano del parco naturale di Punta Pizzo. La querelle non si placa, anzi sembra alquanto “rigogliosa”. E nel tentativo di far raddrizzare il tiro agli “slogan preconcetti”, così definiti, sulle previsioni del piano territoriale dell’area naturalistica di Gallipoli, giunge l’ennesima rettifica a firma del presidente dell’Ente Parco, l’avvocato Fabio Vincenti. Il quale dopo la nuova presa di pozione del direttivo cittadino di Sel (poco convinto dei chiarimenti forniti in prima battuta dal presidente dell’Autorità di gestione provvisoria) è tornato snocciolare dati, studi e previsioni e soprattutto a confutare, carte alla mano,  alcune notizie non rispondenti, a suo dire, alla realtà e riportate nei comunicati dei vendoliani.

“Mi riferisco per esempio” spiega Vincenti, “alla diffusione del messaggio che nel parco naturale di Gallipoli saranno consentite nuove edificazioni. Ebbene non c’è niente di più lontano di tali previsioni rispetto alla realtà”. A supporto di tale precisazione il presidente Vincenti ha spiega nel dettaglio nella sua controreplica, che il parco naturale regionale è esteso per 697 ettari e 85 centiarie (ovvero 6.970.850 metri quadrati) al cui interno, ad esclusione delle zone di maggior pregio naturalistico (A e B1 e B2 dove non è consentita alcun intervento di carattere edilizio), insistono centinaia di insediamenti rurali che vivono di agricoltura da secoli e che sono distanti diversi chilometri dalle coste.

“Per questi agricoltori, così come previsto da tutte le leggi di riferimento, è stata predisposta la zona C” evidenzia il presidente dell’Ente Parco, “dove sono consentite le utilizzazioni produttive agricole e zootecniche tradizionali e la realizzazione delle infrastrutture e degli interventi di miglioramento fondiario necessarie alle stesse, nonché gli interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'ente. E sono, altresì, consentiti gli interventi di selvicoltura naturalistica, compresi i tagli intercalari, volti a favorire la funzione di protezione idrogeologica e ad incrementare la complessità e la biodiversità delle cenosi forestali. E’ vietata la costruzione di nuovi insediamenti edilizi a carattere non agricolo, fatti salvi eventuali servizi per la fruizione del parco”. Leggendo bene nelle Norme tecniche di attuazione, secondo quanto riferito dall’avvocato Vincenti,  si può già notare che nel nuovo piano sono state prese come riferimento le regole generali che valgono per le zone agricole e sono state imposte maggiori prescrizioni e restrizioni.

In maniera analoga si è proceduto per le aree di promozione economica e sociale (catalogate in zona D). In tali zone (che comprendono le aree più intensamente antropizzate del Parco, le aree interessate da previsioni d'interventi per lo sviluppo sociale ed economico e le aree di recupero e di valorizzazione del sistema di beni culturali e ambientali) sono ammesse tutte le attività e le funzioni coerenti con le finalità del Piano del parco e in esse l'ente promuove interventi di sviluppo economico e sociale del territorio con particolare riferimento al turismo, alla valorizzazione delle risorse, delle tradizioni storiche e culturali e dei valori identitari della comunità del parco, alla valorizzazione delle produzioni tipiche e tradizionali e dell'artigianato di qualità, alla ricerca scientifica connessa ai beni culturali e ambientali del parco. Sono altresì consentiti interventi previsti dallo strumento urbanistico comunale.

“Come si può facilmente intuire sempre dalla lettura testuale delle Nta” spiega ancora Vincenti, “nessuna nuova costruzione è consentita al privato che non abbia un ruolo di connessione ambientale e paesaggistica rispetto agli scopi dell’Ente Parco. Senza contare che la zona D è stata notevolmente ridotta, rispetto alla già misera sua estensione, dai lavori delle ultime due commissioni consiliari, ma evidentemente il rappresentante di Sel in seno alla commissione urbanistica non deve essersene accorto”.

Sul nodo scottante della mobilità e soprattutto  dei parcheggi, Vincenti chiarisce che “la previsione di zone di scarso interesse naturalistico da destinarsi, eventualmente, a zone parcheggio stagionale, comprese le zone già esistenti e notevolmente ridotte, pari a dire di Sel a 17 campi da calcio e 144 metri quadri, corrispondono a circa il 2% dell’estensione del parco. Non solo. La richiesta di spostare quelli già esistenti, usati da oltre vent’anni, comporterebbe un danno ambientale maggiore. Infatti è noto ai naturalisti che se una zona è ormai ridotta a roccia viva la sua spontanea rinaturalizzazione sarebbe oltremodo lunga dove ancora possibile, mentre lo spostamento delle auto in zone nuove e vegete avrebbe come conseguenza la distruzione di nuovo territorio, senza contare le opere di urbanizzazione necessarie”.

E ancora il presidente dell’Ente Parco ritiene “priva di fondamento” anche la previsione sarcastica di prevedere incroci semaforizzati per i ciclisti al fine di garantirne l’incolumità dalle automobili. “E’ noto ai frequentatori del parco di Gallipoli che le piste ciclabili, poste nel cuore dell’area protetta, e che si estendono per circa 12 chilometri non incrociano minimamente le zone a parcheggio. Quanto alle cosiddette buffet-zone, esse sono previste già dalle leggi di riferimento e sono obbligatorie; inserirle nel piano territoriale non è necessario è sarebbe pleonastico”.

Fabio Vincenti-3Poi c’è il nodo dell’area di caccia dove Vincenti rimanda alle precisazioni già espresse nella precedente comunicazione aggiungendo anche che “la precedente amministrazione comunale ha inteso dirimere un contenzioso con l’Azienda faunistica Diana, con una richiesta danni per un milione di euro, con una delibera di Consiglio comunale approvata all’unanimità, per non aggravare lo stato passivo delle casse comunali”. In conclusione l’Autorità di gestione del parco naturale ritiene che  “lo scopo latente di Sel sia quello di conservare lo status quo, abbandonare il parco al parcheggio spontaneo ed indiscriminato, lasciarlo privo delle infrastrutture necessarie alla gestione ordinata del turismo e preda di chiunque e senza alcuna regola”.

E invitando i vendoliani a contribuire in maniera fattiva, e non con “le pretestuose osservazioni”, magari partecipando al servizio di pulizia dell’area naturalistica che ad oggi si regge solo sul lavoro di pubblica utilità e sul volontariato, Vincenti rammenta anche che “le idee  proposte da Sel circa le previsioni di fruibilità antropica del parco fanno già parte del piano economico sociale e delle relative schede allegate e quindi non si comprendono le ragioni per le quali vengano considerate come proprie dal direttivo politico, compresa la riqualificazione della Chiesa dei Samari dove è previsto il ripristino della fiera stagionale dell’enogastronomica tipica e la destinazione a museo dell’immobile”.

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