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Venerdì, 29 Marzo 2024
Gallipoli

Gallipoli Futura: Flavio Fasano ha la coscienza pulita

"Nessun arretramento"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LeccePrima

Il comunicato del vice presidente di Gallipoli Futura.

La sentenza di primo grado evidenzia le singolari anomalie del “caso Fasano” che coinvolgono il sistema giudiziario ma anche la politica e il suo modo di essere. Il “caso Fasano”, allo stato, ci dice che una giustizia credibile è ancora possibile e che la politica, soprattutto nelle periferie,
è del tutto irriformabile.

La II Sezione del Tribunale penale di Lecce, con sentenza le cui motivazioni saranno rese note prossimamente, si è pronunciata sul “caso Fasano”.

E’ una sentenza che si fonda esclusivamente su otto mesi di intercettazioni telefoniche, ambientali e di appostamenti di polizia. La inaccettabile lunghezza dei tempi di intercettazione e, conseguentemente, il loro costo abnorme – Flavio Fasano parla tantissimo al cell - non hanno precedenti, in Italia, per i tipi di reati contestati.

Eppure, l’esito del giudizio di primo grado ha meriti importanti, tra cui l’elevato livello di civiltà di direzione del processo e lo sforzo del presidente di assicurare l’eguaglianza formale tra pubblica accusa e imputato. Il merito fondamentale del lavoro fatto, però, è il drastico sfrondamento della ambigua nebulosa di micro accuse e contestazioni che gli inquirenti (polizia giudiziaria e pm) hanno
confusamente affastellato contro Fasano, grazie a 8 mesi di intercettazioni più invasive di una gastroscopia.

Sono, questi, risultati importanti per l’evoluzione della posizione giudiziaria di Flavio Fasano, ma anche per uomini delle istituzioni come me, che studiano con assoluta attenzione i fondamenti giuridici dei provvedimenti e le prassi delle istituzioni giudiziarie.

E’ vero, tuttavia, che il tribunale di primo grado non ha sciolto - come c’è stata la possibilità di fare e come dovrà necessariamente essere fatto nei superiori giudizi - il nodo gordiano della intercettabilità dell’avvocato Fasano in sede di esercizio della propria professione oltre al nodo della completa e corretta trascrizione delle intercettazioni che hanno avviato l’intero procedimento giudiziario.

Sono cioè le questioni per cui tutti, sin dalla culla della vicenda, hanno singolarmente parlato di “caso Fasano”, nello stesso senso storico e culturale di “caso Dreyfuss”. Tale paragone, affatto azzardato, è anche legittimato dalla inconciliabilità delle posizioni che, in merito al ruolo di avvocato difensore svolto da Fasano e, quindi, sui presupposti della sua intercettabilità, sono emerse tra la Procura nazionale antimafia e la Procura distrettuale.

Stando così le cose, era realistico immaginare che il procedimento di primo grado potesse dare qualcosa di più in termini di garanzie e giustizia formale? Sarei ipocrita se, da uomo che ha dedicato la vita al buon funzionamento della pubblica amministrazione, rispondessi di si.

Il “caso Fasano”, nato sulla scia di discutibili scelte procedurali, alimentato da indagini vessatorie i cui presunti esiti, in corso d’opera, sono stati raccontati con singolare volontà di pregiudizio, la cui costruzione dei “capi di accusa a strascico” era finalizzata a una pregiudiziale volontà di condannare al più alto livello possibile, difficilmente avrebbe potuto concludersi, in primo grado, con esiti più favorevoli.

Si è visto all’opera, infatti, un singolare pregiudizio colpevolista che, per autolegittimarsi dinanzi all’opinione pubblica, ha dovuto far confusione sulla funzione e sulla pratica applicazione di molti istituti di diritto amministrativo. E, accanto a tale pregiudizio, abbiamo anche visto un inadeguato approfondimento teorico e pratico dei profili costitutivi dei reati contestati all’imputato.

E tuttavia, queste son cose che possono capitare in primo grado, nei cosiddetti “casi giudiziari”, dove anche le migliori intenzioni e professionalità dei giudici togati possono risentire in modo naturale dei vincoli, dei condizionamenti, delle logiche di equilibrio e delle scelte di opportunità dovute alle logiche della corporazione. Anche il sistema giudiziario, per funzione e struttura sociologica, lo è.

Siamo del tutto fiduciosi che, sin dal prossimo grado di giudizio, allorquando le logiche corporative trasfigureranno in puro equilibrio rispettoso di tutti gli interessi coinvolti nel processo, per cui potrà operare una più ampia visione del diritto, legata alla obiettiva natura dei delitti contestati e al riflessivo rispetto delle regole di garanzia, l’esito sarà del tutto diverso.

Il “caso Fasano”, però, non è solo un caso giudiziario. E’ anche e particolarmente un interessantissimo caso politico/sociale. Lo dimostra anche il trasparente parallelo che può esser fatto tra il caso Fasano e la vicenda Penati, chiusa dal Tribunale di Milano in questi giorni, con la sua assoluzione.

In occasione delle accuse a Penati, nessuno, nel generale contesto politico nazionale, che gli abbia revocato rispetto e fiducia, prima della sentenza definitiva sui fatti contestati.

In occasione del “caso Fasano”, invece, nei vertici provinciali e regionali del partito di “Flavio” è scattato l’impulso della gogna e della condanna preventiva. Quella reazione non era affatto sostenuta dalla volontà di tutelare il partito (lo aveva fatto Flavio, abbandonandone immediatamente tutte le cariche), ma era espressione della paura che quelle élites avevano della singolare capacità del loro competitor di ottenere fiducia e libero consenso. Pochi mesi dopo, si ricordi, ci sarebbero state le elezioni regionali e Fasano sarebbe stato il principale avversario da battere. E si ricordi anche che, da quel momento, la cruenta guerra politica interna alle élites periferiche del PD si combatte prevalentemente con gli avvisi di garanzia e con tutti i pretesti giudiziari possibili.

Il “caso Fasano”, cioè, ha scatenato il riflesso condizionato dell’ homo homini lupus che da tempo caratterizza molte forze politiche e che, delle paludose periferie del partito democratico, quasi costituisce il DNA.

A questo punto, la militanza politica di Flavio, il suo consenso personale, i crudeli e vigliacchi comportamenti dei vertici del PD, hanno reso possibile completare il cattivo lavoro degli inquirenti, costruendo addosso a Flavio una preventiva condanna a mezzo stampa.

Ancora peggio: una politica fondata sul permanente stato di guerra tra le élites, finalizzata alla conquista della carica pubblica, ha consegnato Flavio, inerme, ai suoi accusatori, rendendo possibile la nascita del “caso Fasano”.

Una condanna di carta e di illazioni durata quasi 7 anni, quanto l’incrollabile fede di chi – conoscendo Flavio, i fatti reali di cui era accusato, i principi di diritto che regolano l’agire della pubblica amministrazione nelle procedure di gara e nella azione di valorizzazione del patrimonio pubblico – gli ha conservato rispetto e fiducia. Non da solo, ma insieme a un incredibile numero di altre persone ed amici.

Il collegio presieduto dal giudice dr. Roberto Tanisi ha fatto, in questo stato di cose, quanto ha potuto e, comunque, un ha svolto un lavoro istruttorio assai utile per il futuro.

Se l’ordinamento giudiziario ha in sé gli anticorpi in grado di tenere complessivamente in equilibrio il sistema, forse è proprio la politica, i corpi sociali intermedi, il mondo associativo costituito in origine per la tutela di interessi legittimi, benché parziali, che hanno perduto questi anticorpi, trasformandosi in organizzazioni governate da istinti belluini e interessi di carriera personale, inesausti alimentatori della sfiducia e della protesta sociale. Su questo versante, noi siamo assai più preoccupati

Lecce 22 gennaio 2016
Sergio Martina

N.B. Il dr. Sergio Martina - vice-presidente dell'Associazione Civica Gallipoli Futura - è un tecnico delle istituzioni che, in oltre 35 anni di attività di direzione di grandi e delicate strutture amministrative, non ha subito rilievi o censure di alcun genere. 
All’epoca dei fatti del “caso Fasano”, in particolare, era il Dirigente di livello superiore che dirigeva/coordinava la totalità delle attività amministrative delegate all’ass. Fasano (Viabilità provinciale, Edilizia scolastica, Gare, Appalti, Espropri). 
In quella stessa epoca e sino al settembre 2015, il dr. Martina è stato componente la direzione provinciale, l’assemblea regionale la direzione regionale del PD. In tale ruolo ha severamente contestato i comportamenti belluini del PD sul “caso Fasano”.
Il 18 settembre 2015 ha contribuito fondare, insieme a molti amici, l’Associazione Gallipoli Futura, accettando di svolgerne il ruolo di vice presidente, sul presupposto che Flavio – a prescindere dall’esito della sua vicenda giudiziaria – accetti di essere il candidato sindaco di Gallipoli nelle prossime elezioni comunali del 12.6.2016.

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